SANPA - Pensieri a freddo
- MiryamPinottiPsicologa

- 17 gen 2021
- Tempo di lettura: 5 min
È stata una digestione lenta, quella della docuserie Sanpa, a caldo non sarei stata in grado di scrivere un pensiero chiaro, il magma di emozioni e cognizioni era parecchio indifferenziato.
Mi è piaciuta? Risponderei Sì, senza se e senza ma (non che per forza debba interessare il mio parere personale, ma è un buon punto di partenza per cucirci sopra delle riflessioni più profonde).
Sanpa smuove conflitti e dilemmi morali in ogni spettatore. Quando, sul finale, il giornalista Luciano Nigro pronuncia la frase “Non ho mai sopportato chi diceva che era tutto bene; non ho mai sopportato neanche chi diceva che era tutto male” , ho tirato un sospiro di sollievo, finalmente un aggancio sicuro a cui il mio pensiero si è potuto appigliare. “Sono d’accordo, la penso esattamente come te”, avrei voluto rispondergli, con applauso annesso.
Alcuni protagonisti hanno preso posizioni nette, il bene stava, secondo loro, incontrovertibilmente da una sola parte.
Io tremo di fronte all’esclusività, mi spaventa tutte le volte che la incontro.
Le dipendenze, per natura, evocano forti conflitti, tanto in chi le vive in prima persona quanto in chi vi orbita vicino. Quei sentimenti contrastanti dell’osservatore sono un riflesso, per giunta molto sbiadito, della tempesta che si sta abbattendo nel mondo interno di chi è prigioniero di una dinamica dipendente.
Ecco le cose che mi porto a casa grazie a Sanpa, alcune conferme di convinzioni che già avevo e qualche nuova scoperta:
- L’apertura mentale che deriva dallo studio (intendendo il termine in senso lato) è un grande fattore di protezione per uscire o sconfiggere le dinamiche dipendenti (e non solo), perché costruisce e rinforza il Pensiero, alimenta il senso critico, pone domande e obbliga a ricercare delle risposte.
Che il Pensiero rende liberi, è per me una verità granitica.
Non so voi, ma le riflessioni di Fabio Cantelli mi hanno fatto commuovere e chi ancora ritiene che le lauree cosiddette classiche non servano a niente, se le riascolti con molta attenzione.
- Ogni storia di dipendenza ha sfumature diverse ed è mossa da un Bisogno diverso, del resto l’unicità dell’essere umano rimane ancora incontestata.
Io credo che rispondere a questa molteplicità di bisogni in modo stereotipato porti inevitabilmente al fallimento con una certa parte e al successo con un’altra (che mi azzarderei, però, a definire una minoranza).
Certamente l’immagine di una figura paterna, contenitiva ed accogliente era ciò che alcuni ospiti di San Patrignano cercavano da anni e che non avevano mai trovato nella loro vita. La droga scompare e appare un uomo cui rivolgersi quando l’astinenza bussa alla porta. All’inizio questo padre c’è, sempre, poi, per mille motivi, diventa sfuggente e la sua diviene più una presenza simbolica che reale. Trapela nei racconti un senso di smarrimento per alcuni ragazzi di fronte a questa sfuggevolezza di Vincenzo Muccioli ed è allora che mi sono domandata se l’astinenza, adesso, non la si sentisse nei suoi confronti.
Non è che, superata una dipendenza dalle sostanze, ne compare una relazionale?
Anche se fosse, mi direte voi, è certamente più funzionale, ben venga la dipendenza da Muccioli. Sì e No, ma più No che Sì.
La dipendenza è un processo molo potente, camaleontico, con una certa capacità di riorganizzazione. È su quel processo, a volte estremamente primitivo, che bisogna lavorare, non per forza attaccandolo ferocemente, o almeno, non nell’immediato, perché la domanda che mi hanno insegnato grandi maestri a pormi ogni volta che mi trovo di fronte ad un paziente con il suo problema è “Quale è l’Alternativa?”. Cosa resta, se ADESSO togliamo la droga?
L’azione mi è sembrata una delle protagoniste, rispondere ad un agito (in questo caso, iniettarsi della droga nel corpo) con un contro-agito può creare un gioco illusionistico di guarigione di grande efficacia. Qualcuno degli ospiti di San Patrignano ha trovato la forza di rispondere in un altro modo, e lì mi è sembrato di scorgere il cambiamento, quello vero.
- Il Controllo Onnipotente è una difesa molto primitiva e alcuni residui sani del senso di onnipotenza infantile restano in ognuno di noi, sono quelli che ci permettono di sentirci capaci nell’affrontare le prove che la vita ci mette davanti. Ci sono persone e situazioni in cui questa modalità di pensiero prende il sopravvento, e il rischio di sfociare in una struttura di Personalità Megalomanica diventa reale. Informazione di servizio: non è una specie estinta, purtroppo, e non è necessario scomodare gli anni 80 per trovarne gli esempi, basta accendere il telegiornale!
- C’è un grande merito che va riconosciuto a Vincenzo Muccioli, e cioè di aver puntato i riflettori in un angolo rimasto (ma forse sarebbe meglio dire tenuto) in ombra fino ad allora. La diffusione delle droghe era un problema reale e fuori controllo, ma la strategia adottata dalle politiche di allora e dalla gente comune era il silenzio ed il diniego. Quante volte, nel corso della storia, abbiamo avuto bisogno del grido di qualcuno perchè la voce riuscisse a farsi sentire ai piani alti. Senza di lui, senza il suo carisma, senza le sue Luci ma anche senza le sue Tenebre, non so se il tema delle dipendenze avrebbe seminato le piante da cui oggi raccogliamo i frutti.
- Sono d’accordo con chi critica la serie per essersi interrotta agli anni ’90. Una puntata calata nell’oggi l’avrei guardata volentieri, dato che nella comunità di San Patrignano sono attualmente presenti molti ospiti ed è una realtà impegnata anche in attività di prevenzione e di formazione.
- "La violenza è autodistruttiva sempre." (Papa Francesco). Non ho altro da aggiungere.
- Infine, mi prude proprio la mano e non riesco a non scrivere due parole sul ruolo dello psicologo. L’idea che solo chi abbia attraversato un’esperienza di dipendenza possa occuparsi ed aiutare chi è finito in queste brutte acque, è FALSA.
Seguendo questa linea di pensiero, per condurre una terapia con un depresso bisognerebbe essere stati depressi, con uno sociopatico essere stati in galera almeno una volta, con chi subisce abusi essere stati maltrattati, con le persone che soffrono di disturbi alimentari essere stati anoressici o bulimici e così via…. Essersi fratturato tutte le ossa del corpo non è un requisito che rende un ortopedico migliore di chi è tutto intatto!
Anzi, è proprio quando emergono delle tematiche molto vicine a lui ed alla sua vita personale che il buon terapeuta (molto diverso dal terapeuta buono, ma questa è un’altra storia) si domanda se riuscirà a mantenere il delicato equilibrio tra vicinanza empatica e distacco emotivo. Se l’onesta risposta sarà No, invierà ad un collega di fiducia. Nel lavoro psicologico, il sintomo è il punto di partenza, un alleato iniziale per intraprendere poi una discesa accompagnata nelle stanze più profonde di sé, in cui si troveranno Bisogni, Emozioni, Motivazioni, Esperienze passate e a volte dimenticate, Desideri futuri e tanta altra roba che in superficie non sempre si vede. Per guidare in questo viaggio abbiamo studiato anni ed anni, ed è necessario continuare ad aggiornarsi perché l’essere umano ha una straordinaria capacità di mutazione (quasi come i virus).
Mi sono lasciata un po’ andare in quella che voleva originariamente essere una recensione di una miniserie. E, lo ammetto, il “Si senza se e senza ma” risulta ora poco credibile.
Eppure continuo ad avere un parere decisamente positivo su Sanpa, perché, alla fine, quando trovo uno stimolo che smuove pensieri e riflessioni, lo metto nella scatola delle cose belle, sempre.




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